La condanna pubblica di Hugo Chavez
ed altri svaghi dei ricchi, dei calunniatori e dei semplicemente idioti
(10/06)
Sembrerebbe che Nancy Pelosi disponga di un tale eccesso di tempo libero, a fronte di ben poche
altre questioni in cui impiegarlo, da ritenere opportuno riversarlo su Hugo Chavez
a seguito dell'intervento di quest'ultimo alla sede dell'ONU di New York. La maggioranza dei lettori
sarà senz'altro a conoscenza delle sferzanti provocazioni di Chavez all'indirizzo del
"Diavolo" Bush e del suo commento relativo all'odore di zolfo che avrebbe aleggiato sul
palco dopo l'ultimo discorso all'assemblea del titolare della superpotenza americana.
E' stata dunque questa trita figura retorica a suscitare le ire dei leader del
Partito Democratico? Difficilmente potrebbero essere state le ben più sostanziali
denunce contenute nel breve intervento di Chavez: come l'osservazione che il
meccanismo antidemocratico del veto permanente in mano a pochi superpoteri
corrompa irrimediabilmente la missione delle Nazioni Unite (Davvero! Ma che sfacciataggine!).
Oppure che il rifiuto del visto a numerosi membri dello staff di Chavez
abbia il sapore di una rappresaglia politica decisamente inopportuna per
un paese che ospita la sede di un'organizzazione internazionale (che imprudenza!).
No, si condanna pubblicamente solo per fare politica spicciola,
per distogliere l'attenzione da fatti, problemi o questioni che altrimenti si sarebbe costretti a prendere in considerazione.
Posare da oltraggiati fa gola; mentre il mondo brucia intorno a loro i leader
del sistema e la macchina da guerra alimentata da entrambe le parti non trovano altro
da dire e niente da offrire, né al loro popolo né ai cittadini del mondo.
Da tempo la condanna pubblica, il ripudio ed altre dichiarazioni inutili costituiscono
un surrogato e una coltrina di fumo utili a riposizionare i bersagli giusti
delle reazioni di oltraggio. A Nelson Mandela, in visita negli Stati Uniti mentre il
regime dell'apartheid cominciava a sgretolarsi dopo una vita dedicata a combatterlo,
venne chiesto di "ripudiare" Mohamar Khadafi e Fidel Castro. Erano circolate foto di abbracci ritenuti imbarazzanti che
rendevano necessario tale "ripudio".
Mandela naturalmente rifiutò, vedendo l'assurdità palese nell'assogettarsi alle
pressioni esercitate dai finanziatori di un tempo dei propri avversari per condannare
chi aveva invece dato supporto alla propria lotta per decenni. I neri che dimostravano contro
la guerra del Vietnam, chiamati ad assolvere il dovere patriottico di ammazzare comunisti e
bambini dall'altra parte del pianeta, obiettavano pungenti: "Nessun vietcong mi ha mai chiamato 'negro'."
Eppure c'è una morale disturbante rappresentata in tutto ciò che ai nostri
politici piace odiare e specialmente nella complicità della nostra
cosidetta "opposizione" con le forze reali che colludono a una involuzione
del progresso umano senza precedenti. C'è qualcosa che non ci convince in questo atteggiamento di oltraggio, nei confronti di
crimini di guerra sia dell'attuale amministrazione che nel mondo,
assunto da un partito che decise lo sganciamento dell'atomica su Hiroshima e Nagasaki.
Ed ancora più vuoto risuona il blaterare ipocrita sulle labbra degli eredi di uno dei genocidi più riusciti
della storia della civiltà umana. Tre secoli di schiavitù, apartheid e terrorismo razzista hanno avuto fine (quasi) sotto la loro
vigilanza.Ai democratici piace far proprie queste "lotte" e "vittorie"
, dimenticando molto opportunamente non soltanto che quel razzismo è stato
il principio fondatore di vaste correnti del proprio partito ma anche che il
desiderio di rivendicare tali meriti è del tutto immeritato. Finché non fu dichiarata la fine
ufficiale della segregazione razzista americana, anche i sostenitori più caldi al potere
esitarono, indugiarono, mitigarono e consigliarono prudenza e pazienza agli oppressi, fino all'ultimo. Dei veri eroi.
Ed ora, malgrado sia storicamente dimostrato che sperare in un cambiamento che parta dai vertici
sia un mero esercizio di futilità, i militanti del partito democratico sono quasi euforici alla prospettiva di ciò che ricaveranno dai prossimi
due anni di farsa. Proviamo a guardare nella sfera di cristallo:
I leader del Partito Democratico hanno più cose da dire su Hugo Chavez che sulle
problematiche che cerca di sollevare.
Neanche l'opposizione ha quasi nulla da controbattere sull'aspetto principale
della questione: l'incapacità pressoché totale della nostra società di trattare
un qualsiasi problema reale causato da una macchina da guerra tanto colossale quanto
controproducente. Una macchina talmente satura dei nostri soldi che le
emorragie di miliardi di dollari che ne fuoriescono passano quasi inosservate, così costosa da
far diventare lillipuziano, al confronto, qualsiasi altro budget di difesa sulla faccia della Terra.
Il governo è interamente paralizzato a tutti i livelli da questo ricatto indotto dalla
paura, proprio nel momento in cui la quantità di denaro a sua disposizione non ha eguale al mondo. Una crisi, ovviamente, affrontata con il silenzio dagli "amici dell'altra
parte dell'aula" di Bush. E con un pari supporto al massacro e
alla colonizzazione in atto in Palestina, un'ingiustizia così palesemente vergognosa da destare persino nel letargico pubblico americano lo sdegno per tali atrocità.
Un milione di bombe a grappolo sono rimaste sul territorio libanese, un
milione di piccoli ambasciatori portatori della verità che si cela nell'agenda statunitense in quella
regione. Non esistono soluzioni marginali o proposte esitanti per problemi che
reclamano a piena voce un cambiamento radicale. E tuttavia i Democratici, con rare eccezioni,
al pari dei loro compagni di merende Repubblicani sono così avidi di
capitali per le proprie lobby, così legati ad interessi diametralmente opposti ai
nostri, così convinti della loro collusione con queste forze, così pieni di...insomma, di merda, ecco...da aspettarsi
che noi crediamo che qualcosa di sostanzaziale cambierà quando andranno loro al
potere. Ma se non non hanno nulla da dire adesso, avranno per qualche inatteso miracolo
qualcosa da dire una volta che i codici a barre su tutte quelle bombe Made in USA
ricondurranno direttamente ai cordoni delle loro borse? Non state col fiato sospeso.
© 2006 Daniel Patrick Welch.
Ristampa autorizzata con indicazione della fonte e del link http://danielpwelch.com.
Tr. di Susanna Como
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Welch vive e scrive nella città di Salem in Massachusetts (USA) con la moglie Julia
Nambalirwa- Lugudde. Insieme gestiscono la
Greenhouse School. Scrittore, cantante, linguista e
attivista, è stato ospite di programmi radiofonici [intervista disponibile qui] ed è disponibile per altre
interviste. I suoi precedenti articoli e le relative traduzioni sono reperibili sul sito
danielpwelch.com. Aggiungete un link al sito di Daniel Welch sulla vostra
pagina!
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